Disavventure a Cuba: i taxi de L’Avana

Ieri sera, dal centro de L’Avana, in calle Obispo, io, Andrea e Marta decidiamo di prendere un taxi per raggiungere la Fortaleza de San Carlo de la Cabaña, appena fuori città, e vedere la rievocazione storica del Cañonazo (rituale serale molto turistico ma piacevole da vedere: ogni sera alle 21, dopo una breve sfilata di soldati in costume, viene sparato un colpo a salve da un cannone per ricordare l’antico orario di chiusura delle porte delle mura della città).

Ci avviciniamo a una piazzola di taxi fortunatamente non abusivi e il responsabile dello smistamento clienti ci indica su quale salire. Partiamo e dopo 10 minuti a folle velocità arriviamo a destinazione. Appena scesi dal taxi, pagati 10 CUC per il tragitto – decisamente tanto, scopriremo più tardi -, chiedo l’ora ad Andrea, che inizia a toccarsi le tasche per cercare il cellulare e rispondermi, e all’improvviso si accorge di aver perso il cellulare sul taxi.

Partiamo tutti e tre in una corsa folle e disperata all’inseguimento della macchina, che però ci ha già distaccato di un pezzo, ma non molliamo e soprattutto Andrea che è un runner bravo procede di corsa veloce per un chilometro buono. Io rimango indietro pensando a un piano alternativo, e decido di prendere un altro taxi per inseguire quello con il nostro cellulare.
Mi si avvicina un taxi giallo, con un cliente a bordo, che forse incuriosito rallenta e abbassa il finestrino per chiedermi «¿qué pasa?», forse perché sto correndo sbracciandomi come una forsennata. La risposta mi esce in inglese (è la lingua che conosco meglio di tutte e che mi esce naturale in situazioni di emergenza); gli spiego in fretta e furia che ho perso il cellulare sul taxi davanti a noi e gli chiedo di aiutarmi a inseguirlo. Il tassista cubano mi guarda e sorride con aria beffarda, io insisto con un «please, please help me» e lui sempre ridacchiando mi dice «no no», rialza il finestrino e se ne va.

Disgustata da questo comportamento ma ancora in preda all’adrenalina raggiungo Andrea e Marta, con loro cerco un altro taxi, in spagnolo spiego al tassista la situazione e gli chiedo di riportarci in calle Obispo, nella speranza che il taxi col cellulare sia tornato lì. Lui ci carica, ci chiede i dettagli dell’accaduto e il colore del taxi, e ci riporta al punto di partenza facendoci pagare 6 CUC (poco più della metà di quanto ci abbia chiesto il primo tassista). Nel frattempo io continuo a chiamare il cellulare di Andrea, che suona (ma con la vibrazione) e quindi probabilmente è ancora sul tappetino del taxi.

Teniamo tutti le dita incrociate e arriviamo in calle Obispo, dove non vediamo il taxi ma scorgiamo il capo che ci aveva indicato su quale vettura salire. Mi dirigo verso di lui e spiego tutto in spagnolo, pregandolo di contattare subito il tassista e farlo venire qui prima che carichi altri passeggeri. Gli spiego anche che nel frattempo sto continuando a chiamare il cellulare, che non smette di suonare. Sto davanti a quest’uomo alto, mulatto e dagli occhi azzurri mentre chiama il tassista, e lo ascolto mentre gli spiega l’accaduto e gli dice di venire subito qui (gli avrebbe detto le stesse cose se io non avessi capito un’acca di spagnolo? Chissà).

Dopo 10 minuti di attesa il taxi compare all’orizzonte e, appena parcheggia, Marta si fionda nel sedile posteriore, dove trova il cellulare con le mie 20 chiamate perse. Grande felicità! Bacio sulla guancia il tassista e il suo responsabile (valore commerciale dei miei baci: mille milioni di CUC), e per ringraziare il tassista decidiamo di chiedere proprio a lui di riportarci al Cañonazo, per pagarlo di nuovo e ricompensarlo.

Ci rifacciamo il viaggio a cuor leggero, e decidiamo nel tragitto di pagare il tassista 30 CUC. Per darvi un’idea: questo tragitto in media costa 5 o 6 CUC, e lo stipendio medio di un cubano è 20 CUC…
Arrivati alla fortezza, Andrea porge al tassista i 30 CUC ringraziandolo di nuovo, e mentre scendiamo lui come reagisce? Si lamenta dicendo che se avesse trovato e venduto il cellulare avrebbe guadagnato molto di più. Andrea, spiazzato, gli dà altri 10 CUC (per un totale di 40) e scendiamo frettolosamente dalla macchina prima di dover sborsare altri soldi. Mentre entriamo nella zona pedonale sentiamo il taxi che sgasa e suona, in una forma di sterile protesta. E noi ce ne andiamo verso il Cañonazo.

A fine serata riprenderemo un’altro taxi per tornare a casa (un po’ più lontano di Calle Obispo), spendendo solo 6 CUC e stando ben attenti ai cellulari.

Questo episodio mi ha lasciata disgustata. Non voglio sperare che tutti i cubani siano così – anche se L’Avana mi sta mettendo veramente alla prova, come vi dirò nei prossimi giorni -, ma ho proprio l’amaro in bocca per come si sono comportati il tassista a cui ho chiesto aiuto e quello che ci ha chiesto la ricompensa.

E ripenso a quando, 3 mesi fa, nel quartiere Gang-Nam a Seul io e Andrea abbiamo dimenticato la nostra reflex sul tavolino di un bar. Dopo circa 10 minuti a piedi abbiamo deciso di fare una foto a un manifesto e ci siamo resi conto solo lì di aver lasciato la macchina fotografica nel bar. Siamo partiti di corsa (essere runner serve, in questi casi) e finalmente siamo entrati nel bar, dove il ragazzo dietro al bancone, sorridendo, appena ci ha visti ci ha allungato la macchina fotografica che teneva con sé.
Già, eravamo a Seul: avremmo anche potuto non correre che la nostra macchina sarebbe stata sempre lì ad aspettarci.

Non mi sento di dire lo stesso su Cuba.
Ma mi sento di aver capito due cose importanti: continuerò ad andare a correre, e le prossime vacanze le farò in Asia.

4 commenti su “Disavventure a Cuba: i taxi de L’Avana”

  1. Bienvenida a Cuba, parcera! Ma che te lo dico a fare? Guarda che sono infami veramente i Cubani, e colgono ogni minima occasione per fare soldi. E se ti dicessi che io il taxi dalla Fortaleza al Vedado (quindi, decisamente un tragitto più lungo) l’ho pagato 2 CUC? Mi sa che qualcosina sul barattare te la posso insegnare! Prima regola: MAI salire sul taxi prima di aver chiesto quanto costa alla gente in giro e al jinetero di turno. Seconda regola: quando viene detto il prezzo, barattare SEMPRE E COMUNQUE. Io rilancio sempre per un decimo del prezzo proposto. Terza regola: preparati a camminare. Quando io e mia sorella siamo state circondate dai taxisti che ci offrivano passaggio a 10 CUC per riportarci al Vedado, abbiamo rilanciato con 1 CUC. Ci hanno riso in faccia. Abbiamo allora proposto 2 CUC ma niente. Allora abbiamo fatto spallucce, ci siamo guardate e abbiamo detto: ok, il tempo è bello, camminiamo lungo il Malecon. Al che… miracolosamente, uno che ci portava si è offerto.

    Dici che se apro una scuola per preparare i turisti che prevedono un viaggio a Cuba ho successo?

  2. Che dispiacere leggere di questi episodi… non pensavo Cuba fosse così! E’ vero che magari sono solo casi, anche se in effetti sono un po’ troppi!!
    La gente che rovina un Paese é una vergogna!!

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