#Viajosola, la mia (dis)avventura

L’episodio delle due viaggiatrici che viaggiavano sole e sono state uccise in Ecuador, passato alle cronache con l’hashtag #Viajosola, mi ha fatto tornare in mente un episodio di un mio viaggio da sola. E mi ha fatto pensare…

Australia, febbraio 2014. Melbourne, 37°C. Sono arrivata da due giorni in Australia, meta che ho scelto per il mio lungo viaggio in solitaria sia perché amo questa terra, sia perché so che è un Paese sicuro per una ragazza da sola. Dopo due giorni in un ostello fatiscente, trovo nella piattaforma di Couchsurfing (che segnala le persone disposte a ospitare gratuitamente viaggiatori di passaggio) l’annuncio di una coppia che mi ispira fiducia. Scrivo chiedendo di essere ospitata per 3 notti, ma la coppia mi risponde di non avere disponibilità per quelle date. In automatico (così funziona Couchsurfing) la mia richiesta viene resa visibile anche agli altri Couchsurfer che hanno un alloggio in zona. Mi risponde un ragazzo, che mi dice di essere vegano e di apprezzare il fatto che io sia vegetariana, e mi dà la sua disponibilità per le date richieste. Ci penso un po’ su, poi, stanca del tremendo ostello, accetto. Mi dà il suo indirizzo e io mi preparo a raggiungerlo.

Affronto il caldo insopportabile e con il mio backpack arrivo in una bella zona residenziale di Melbourne. Salgo al primo piano, suono il campanello, e vengo accolta da un ragazzo di circa 6/7 anni più grande di me, che mi fa entrare. E chiude la porta a chiave dietro di sé.

Mi mostra velocemente la casa e mi invita a sedermi sul divano. Mi fa alcune domande, mi chiede se sono fidanzata e da dove vengo, e poi inizia a parlarmi del vegetarianesimo. Mi spiega nel dettaglio perché io sbagli a essere vegetariana e non vegana, e perché i latticini e le uova andrebbero esclusi al più presto dalla mia dieta. Mi racconta di essere un luminare del veganesimo, che partecipa a convegni e dibattiti sull’argomento, e mi dice di aver convinto molte persone a fare questo passaggio. Poi mi dice che sicuramente anche io, come la maggioranza dei vegetariani, ho una carenza di vitamina B12. Quindi si alza, va a prendermi delle pastiglie mentre io rimango seduta sul divano in silenzio (piuttosto allibita), mi porta due pastiglie rosse che dice essere degli integratori di B12, me li dà in mano, dice che devo prenderli e poi siede di fronte a me.

A quel punto mi sono vista da fuori. Una donna sola, in un continente che non era il suo, senza nessuno che conoscesse l’indirizzo dove mi trovavo, chiusa a chiave nell’appartamento di uno sconosciuto che mi chiedeva di prendere una pillola davanti a lui. Io le ho pensate tutte, e ho deciso di sorridere e ringraziare e mettermi in bocca le pastiglie rosse.

Senza ingoiarle. Ho pensato che potesse essere droga, o qualsiasi altra cosa. Così le ho tenute in bocca, a destra, tra i denti e la guancia, e ho aspettato che si alzasse per andarmi a prendere non so quale manuale. In quel momento, tipo Fantozzi contro tutti, che aspetta che il Professor Birkermaier si giri per mangiare le polpette, più veloce della luce mi sono tolta le pastiglie dalla bocca e me le sono infilata in tasca.

Lui non se ne è accorto e ha continuato a parlarmi del veganesimo per il resto del pomeriggio.

Dopo un paio di giorni me ne sono andata da quella casa, ma in quella casa non è successo niente. Quel ragazzo non era una persona cattiva. Forse un po’ particolare, è vero, ma sono piuttosto sicura (soprattutto ora che è passato del tempo e ho googlato questo ragazzo) che quelle fossero veramente pastiglie di B12 e che lui, a modo suo, mi volesse solo dare informazioni utili sulla mia alimentazione.

Ma questo episodio mi è servito tanto a capire una cosa. Noi italiani non siamo abituati a viaggiare da soli, né a pensare che per il resto del mondo sia normale. Pensiamo che chi viaggia da solo sia pazzo o abbia dei problemi di socializzazione, e che vada volontariamente incontro a rischi mortali. Io ero così “italiana” che in una situazione assolutamente sicura ho pensato di essere davanti a una persona pericolosa. In quel momento non mi ero resa conto che mi trovavo in Australia, Paese dove la maggioranza degli studenti a 18 anni lascia il continente per farsi un anno da soli in Europa (sì, sia maschi che femmine). Un Paese tranquillo e sicuro. Eppure io avevo portato con me, oltre al backpack, un bagaglio di preconcetti, convinzioni e pregiudizi che mi hanno offuscato la mente per un momento. In quell’attimo non pensavo che è normale viaggiare da sole, è normale ospitare sconosciuti sul divano, è normale conoscere persone con un approccio diverso dal proprio, è normale che la persona davanti a noi non sia pericolosa.

In Australia, come in tanti altri Paesi, era normale che io girassi da sola, era normale che pranzassi da sola al ristorante, era normale che fossi in spiaggia da sola. Nessuno si è mai stupito della mia scelta, e nessuno mi ha fatto sentire strana al mio tavolo per uno a cena.

Sono stata fortunata, anche perché i miei genitori mi hanno fatto crescere con la possibilità e l’obiettivo di essere indipendente. E gli amici e compagni di vita di cui mi sono circondata hanno sempre apprezzato e sostenuto la libertà di essere indipendente, al di là del sesso di una persona.

E così ci sono rimasta molto male, quando ho letto i commenti relativi alla morte di Marina Menegazzo e Maria Josè Coni, uccise in Ecuador mentre erano in viaggio da sole. C’è chi ha scritto che se la sono andate a cercare, c’è chi ha chiesto come erano vestite (ma scommetto che di un uomo ucciso non lo avrebbero chiesto), c’è chi ha chiesto perché viaggiavano senza compagnia di un uomo.

Viaggiare da sole deve essere un diritto di tutte le donne, così come lo è per gli uomini. Dovremmo essere libere di viaggiare dove vogliamo, senza dover scegliere in base a in quale Stato è ben vista una viaggiatrice in solitaria. Dovremmo avere il diritto di scegliere in libertà, con gli stessi diritti degli uomini.

E a chi pensa che quelle due ragazze se la siano andate a cercare, vorrei rispondere che allora le loro madri sono state molto fortunate, dato che vivono in un Paese (l’Italia) dove ogni 60 ore viene uccisa una donna. A quanto pare, gli assassini non sono solo in Sud America. Sono dovunque. E allora o stiamo in casa, noi donne, in silenzio, oppure ci svegliamo, e in nome di Marina, Maria, Pippa Bacca e tutte le donne viaggiatrici che sono state uccise, prendiamo in mano la nostra vita, usciamo dalla nostra comfort zone di italiane pessimiste, e godiamo del nostro diritto di viaggiare da sole.

Per combattere i pregiudizi, ma anche per godersi il mondo.

Ne abbiamo il diritto.

 

P.S.: oggi ho ritirato le mie analisi del sangue. Quel ragazzo mi avrebbe aiutato, se solo io non fossi stata chiusa nel mio pregiudizio e nella paura. Ho una carenza di vitamina B12.

 

AnalisiB12
Le mie analisi.

4 commenti su “#Viajosola, la mia (dis)avventura”

  1. Ciao Francesca,
    condivido pienamente questa tua riflessione. Anche io viaggio da sola e spesso mi imbatto in pregiudizi che sono davvero difficili da demolire o anche solo attenuare.
    Io a gennaio ho fatto la mia prima esperienza con il Couchsurfing. Il mio host era un ragazzo verso i 40 e, prima di arrivare a casa sua, mi sono fatta assalire da ogni genere di ansia. Poi quando l’ho conosciuto e guardato nei suoi occhi, limpidi e sinceri, mi sono vergognata dei miei timori.
    Tornata a casa (avevo informato solo mia sorella che sarei stata ospitata per non far preoccupare la famiglia) ho raccontato ad amici e a parenti la magnifica esperienza che avevo avuto. Credo che sia l’unico modo per aprire la mente alle persone.

    • Hai ragione Eliana, raccontando un’esperienza personale si possono spiegare tante cose. Sono contenta che anche tu abbia avuto un’esperienza positiva, ma sono ancora più contenta per aver notato che non sono l’unica ad avere avuto dei timori (infondati)…questo la dice lunga su quanto la società e la cultura influiscano sulla nostra vita! Speriamo che nelle prossime occasioni nessuna di noi due si trovi ad avere timori infondati 🙂

  2. Bellissimo post, mi ha toccata. Anche io, viaggiando in India, mi sono resa conto di quanti preconcetti avessi, frutto dei condizionamenti europei nei quali sono cresciuta. Per questo è importante viaggiare, aprirsi al mondo.

    • Ciao Sara, grazie! E’ come dici tu, a volte solo viaggiando riusciamo a capire meglio noi stesse e i nostri errori. Spero che a te non sia capitata nessuna disavventura in India 🙂

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