Lista di parole in modenese. Piccolo dizionario modenese-italiano

Sono nata e cresciuta in provincia di Modena, ma è stato solo quando ho lasciato questa zona e mi sono trasferita in altre città italiane che mi sono resa conto che molti dei termini che usavo normalmente ogni giorno non venivano capiti dal resto della popolazione italiana, perché non erano vocaboli italiani, bensì parole in modenese. Con l’aiuto di amici modenesi ho così stilato questa lista di termini dialettali usati abitualmente in modenese e parole usate in provincia di Modena in contesti diversi da quelli del resto d’Italia.

Se pensate che ce ne siano altre che non ho inserito in questo piccolo vocabolario modenese-italiano, segnalatemelo nei commenti, grazie!

Buona lettura 🙂

Altro: quando si fa spesa in un negozio e ci si avvicina alla cassa per pagare un articolo, al negoziante che chiede “Altro?” per verificare che non serva qualcos’altro, si risponde “Altro”, che significa “Nient’altro”.
Anelle: orecchini a cerchio.
Attaccare una pezza: iniziare un discorso molto lungo e per lo più poco interessante. Es.: “Tua madre mi ha attaccato una pezza infinita!”
Babi: persona stolta. Es.: “Se gli hai creduto, sei un babi!”
Bagaglio: vedi Lavoro.
Bazza: affarone.
Bego: verme o lombrico.
Bere a collo: bere direttamente dalla bottiglia, senza bicchiere.
Bif: ghiacciolo. Questa parola deriva da un famoso marchio di ghiaccioli venduto negli anni ’70.
Boazza: escremento di bovino.
Boccia: bottiglia.
Bonza: pancia da birra; ventre non propriamente piatto.
Braga: fauna maschile. Es.: “Ragazze, venite al bar che c’è della braga!”
Braghera: persona pettegola (non è una storpiatura del nome della pantera de Il libro della giungla).
Braghetti/Braghini: pantaloncini corti.
Brigare: impegnare in un’attività gravosa che porta via molto tempo.
Brigoso: gravoso, impegnativo da svolgere, che fa brigare.
Bugno: bernoccolo, tumefazione causata da un trauma.
Burazzo: strofinaccio per asciugare i piatti.
Busone: omosessuale (ma usato con tono dispregiativo).
Buzza: vedi Bonza.
Caccia via: (esclamazione) meglio di niente.
Cacciare: dire con enfasi. Es.: «A quel punto ho cacciato una bestemmia».
Canchero: malattia grave, tumore.
Cappella: errore.
Cappellare: cogliere in flagrante.
Carne greve: dolore ai muscoli dovuto all’acido lattico che si forma in seguito a un’attività fisica esagerata, o praticata dopo un lungo tempo di inattività.
Ciappineria: negozio che vende ciappini.
Ciappino: piccolo oggetto prevalentemente inutile.
Ciappo: pinza per capelli.
Cibare: cogliere in flagrante.
Cinno: ragazzo molto giovane, o bambino.
Ciocapiatti: chi racconta un mucchio di bugie. Chiaro riferimento venditori di piatti della Fiera di San Geminiano e non solo, che attirano gli avventori al loro banco di piatti scadenti facendoli cioccare (sbattendoli tra loro).
Cioccare: 1. detto di bevanda alcolica, ne indica un grado alcolico molto alto, che quindi dà subito alla testa. Es. “Questo vino ciocca un bel po’”. 2. sbattere rumorosamente.
Ciocco: 1. incidente automobilistico. 2. rumore forte e sordo
Ciozza: persona pettegola.
Ciozzare: chiacchierare su argomenti futili o spettegolare.
Cisti: di nascosto.
Cocomera: cocomero, detto nella bassa modenese.
Compero: (aggettivo) confezionato, non artigianale.
Coppetto: parte posteriore del collo.
Cricco: colpo dato, generalmente sul padiglione auricolare della vittima, col dito indice che fa leva sul pollice. In alternativa dicesi di persona sporca.
Crosta (avere una bella c.): coraggio.
Cucco: colpo dato sulla testa del malcapitato con le nocche delle dita chiuse a pugno.
Cuccio: 1. spinta 2. spintarella
Darci a mucchio: rinunciare
Dare da fare: (verbo riflessivo) essere fastidioso o brigoso. Es.: “Il suo atteggiamento mi dà un po’ da fare”.
Essere dietro a qualcosa: essere impegnato in un’azione. Es.: «è due anni che sei dietro a quel lavoro lì».
Essere mica un chilo (non e.): non essere normale.
Fagioloni: fagioli bianchi di Spagna.
Fare a modo: 1. Fare il bravo; 2. Fare uno sconto o un prezzo basso.
Fare cabò: marinare la scuola.
Fare la vecchia: fare finta di niente.
Fessa/sfessa: patta, cerniera dei pantaloni.
Fiappo: avvizzito.
Giandone: uomo molto alto.
Giarone: sasso.
Gigiulone: persona poco sveglia, solitamente alta e con andatura dinoccolata.
Guazza: umidità.
Imbambito: Rimbambito
Imbastito: poco scaltro e poco sveglio.
Isdito: poco capace e poco sveglio.
Lavoro: oggetto non meglio identificato e apparentemente poco utile (es.: «Ma cos’è quel lavoro lì?!»).
Lofi: scrauso, scadente.
Marone (fare un): grosso errore.
Mastella: bacinella utilizzata per spostare gli indumenti dalla lavatrice allo stendino.
Menecò: grande confusione inutile.
Mossa (c’è della): gente.
Paciugo: intruglio, per lo più appiccicoso.
Pasta: brioche, cornetto.
Pitocca: 1. persona molto pettegola 2. aquila.
Polleggio: relax.
Ponga: pantegana.
Ravanare: cercare qualcosa in mezzo ad altri oggetti, in modo sconclusionato.
Resca: persona tirchia.
Rusco: immondizia.
Scancherare: cercare o creare rumorosamente qualcosa.
Scendere la catena (Far s.): far passare la voglia.
Scrana: sedia.
Sdazzo: setaccio. Es.: “Sei stupido come uno sdazzo”.
Sgaggiarsi: sbrigarsi.
Sisso: liquame.
Smalta: fango.
Sonno: usato nella bassa modenese, è di genere femminile. Es.: «Ho una sonno incredibile».
Spigozzo: pisolino.
Spippolare: occuparsi in una serie di operazioni, di lavori, in modo affannoso, disordinato, talvolta inutile.
Spiura: prurito.
Sporta/Sportina: sacchetto.
Sputtanarsi: divertirsi moltissimo.
Strichetto: 1. papillon. 2. pasta a forma di fiocchetto, nota anche col nome di bengasini.
Strinare/strinarsi: sbruciacchiare/sbruciacchiarsi in superficie.
Strippare: uscire di testa.
Sturlarsi: inzuccarsi.
Stusso: 1. incidente automobilistico. 2. rumore forte e sordo.
Svarione: sensazione di giramento di testa.
Tarlocco: pezzo grosso e compatto.
Tenere botta: tenere duro.
Togo: fico, interessante.
Trappolaio: persona che fa tante attività ma che alla fine produce pochi risultati.
Tribolare: fare un’attività molto faticosa.
Tunca: (usato in modo dispregiativo) extracomunitario proveniente dal Maghreb.
Usta: senso della misura.
Zaccare: cadere.
Zavaglio: piccolo oggetto poco utile e di poco conto.
Zinzella: zanzara.

Allora, modenesi, vi vengono in mente altre parole? 🙂

36 commenti su “Lista di parole in modenese. Piccolo dizionario modenese-italiano”

  1. ahahahahahaha grazie! Conosci l’espressione u made my day? Ecco perché non capivo un cavolo tante volte! Altro per dire nient’altro? Ma dai! 😀 Tipo che fessa in pugliese e altro 😛 ma non lo diciamo qui dai! 😀 <3 u!

    • Ahaha Ezio ammettillo, anche voi in Puglia parlate una lingua strana! Tra “specchiettare” e altri termini assurdi, dovresti fare una lista così anche tu! Meno male che ho studiato lingue e ti capisco comunque…;D

  2. bere a collo. Il resto del mondo non lo usa quando beve direttamente dalla bottiglia…. il ché è francamente inspiegabile

    • cioè mi stai dicendo che “bere a collo” non è italiano?! No, ti prego, sono sconvolta! Ora lo aggiungo allora!

  3. Il tuo articolo mi é piaciuto tantissimo, perché anche io ho scoperto che non si trattava di parole italiane solo quando mi sono trasferita! 😂
    Ho notato che manca “IMBAMBITO” in italiano si dice “rimbambito”, ed anche “spiura”!

  4. CRICCO: colpo dato, generalmente sul padiglione auricolare della vittima, col dito indice che fa leva sul pollice. In alternativa dicesi di persona sporca (simile: melnetto)
    CUCCO: colpo dato sulla testa del malcapitato con le nocche delle dita chiuse a pugno.
    BUGNO: bernoccolo, tumefazione causata da un trauma.

  5. Io aggiungerei anche “Mastella” inteso come bacinella utilizzata per spostare gli indumenti dalla lavatrice allo stendino.

  6. “Non è come fare un giro nel parco” dicesi di un lavoro impegnativo, per niente semplice.

  7. Ciocapiatti. Di chi racconta un mucchio di balle (bugie). Chiaro riferimento venditori di piatti della Fiera di San Geminiano e non solo, che attirano gli avventori al loro banco di piatti scadenti facendoli cioccare (sbattendoli tra loro).

    • Ciao Rol, hai messo anche l’etimologia, sei un mito! Vado ad aggiungere questa parola all’elenco 🙂

  8. l dialetto o le parole in “slang” hanno un senso, una profondità.

    Perchè non vogliono solo dire qualcosa, ma sono testimoni enfatici e silenziosi di tutta la generazione che ti ha preceduto.

    Sono, in fondo, intimamente tue.

    Contengono quel “certo non so che” d’ironia, comunanza e irriverenza di chi si riconosce, quando le usi
    passi quella soglia di diffidenza e strappi un sorriso.

  9. Bellissimo post! A me viene in mente anche “scarsòi” un qualcuno piccolo, magro e di apparente poco valore; inoltre il modo di dire “all’epoca di Carlo Còdga” come dire tantissimo tempo fa… 🙂

    • grazie Elisa! Sai che non avevo mai sentito né “scarsoi” che “all’epoca di Carlo Còdga”?! Adesso indagherò su chi era questo Carlo Còdga…ahaha 🙂

  10. Che meraviglia, l’ho letto tutto d’un fiato sorridendo tra me e me!
    Sono 8 anni che cerco di spiegare queste parole al mio ragazzo (veneto), ma ora gli passo direttamente il link 😀

    p.s. curiosità: nel vicentino il nostro “lavoro” si trasforma in “mestiero”.

    • ciao Martina, grazie dei complimenti! Sono contenta che il mio articolo sia anche utile a livello sentimentale, ahaha 🙂 Carina la curiosità su “lavoro”/”mestiero”, non lo sapevo, ma allora c’è un legame tra il modenese e il vicentino 🙂

  11. Da quando ho sposato una milanese e ci siamo spostati all estero mi rendo conto che capirmi, per un non
    Modenese è bella dura

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