Questa intervista è nata per caso. Chiara, una lettrice del mio blog, su Facebook mi ha chiesto consigli sulle vacanze, poi ha notato che pubblicavo notizie sulla mia vacanza a Lampedusa e mi ha scritto dicendo che lei è uno degli architetti volontari che sta lavorando al progetto della biblioteca per bambini e ragazzi sull’isola. Potevo forse non chiederle di più?
Le ho fatto alcune domande su come è nato il progetto della biblioteca di Lampedusa, come è stata la sua esperienza di volontariato e come le è sembrata l’isola. Improvvisamente ho pensato a come deve essere la vita confinata geograficamente su una terra circondata dal mare, senza un punto di aggregazione e di cultura come una biblioteca: mi sono resa conto in fretta dell’importanza del gesto di Chiara e delle sue colleghe, che hanno investito il loro tempo senza essere pagate per dare una speranza in più ai giovani (e non solo) che popolano Lampedusa.
Ma forse è meglio che lasci spazio a Chiara e alle sue parole, in questa breve intervista.
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1. Parlami un po’ di te: chi sei, dove vivi e che lavoro fai?
Mi chiamo Chiara Bellomi e sono un’architetto di Roma. Insieme ad altre colleghe ho fondato uno studio di architettura, ArchEnjoy.
Siamo insieme da circa 3 anni e ci occupiamo, tra le altre cose, di progetti di ristrutturazione con particolare attenzione all’impegno sociale e all’architettura sostenibile (low cost).
2. Come hai saputo del progetto della biblioteca per bambini e ragazzi di Lampedusa?
Siamo state contattate dalla Ibby Italia, l’organizzazione no-profit che si occupa della diffusione della lettura tra i giovani e i ragazzi, tramite Deborah Soria, ideatrice nonché responsabile del progetto. Cercavano una squadra giovane di architetti che redigesse un progetto di arredamento interno di un immobile messo a disposizione dall’amministrazione comunale. L’elenco dei requisiti era: un angolo “morbido” per bambini 0-3 anni, un’area della narrativa, un angolo proiezioni, un laboratorio ed una zona per la consultazione dei silent book, libri senza parole, completamente illustrati e adatti a chi non legge o a chi non parla la nostra lingua.
3. Come mai hai deciso di fare volontariato lì? Eri già stata sull’isola o hai un interesse particolare per il tema del progetto?
Abbiamo subito accettato l’incarico con entusiasmo perché ci piaceva in ogni aspetto: la diffusione della lettura, attività pericolosamente in calo tra i giovanissimi, aiuta la formazione della cultura, il primo passo verso la libertà; la biblioteca è poi un centro di aggregazione “culturale” che non sempre si trova nei centri abitati più piccoli, con il rischio che ci si incontri in luoghi “malsani”. Dalle indicazioni di Deborah eravamo venute a conoscenza della totale mancanza di una biblioteca, nonostante gli otre 600 bambini presenti sull’isola, ed il progetto avrebbe inoltre permesso ai bambini migranti di poter uscire dai centri di accoglienza. Non eravamo mai state a Lampedusa ma ne conoscevamo le diverse problematiche e anche gli sforzi recenti dell’amministrazione del sindaco Giusi Nicolini per contrastarle. Crediamo nel volontariato come occasione di scambio, noi abbiamo donato una cosa che sappiamo fare e abbiamo ricevuto quello che i bambini sanno fare meglio: essere felici.
4. Come hai organizzato la tua settimana di volontariato? Hai fatto tutto da sola o hai avuto il supporto di qualche agenzia o dei tuoi colleghi?
L’intero studio ArchEnjoy ha partecipato all’iniziativa di volontariato: una volta sviluppato il progetto a Roma ci è bastato organizzare le attività di chi sarebbe partito e di chi sarebbe rimasto. La Ibby Italia ha avuto la possibilità di finanziare alcuni dei nostri biglietti aerei e di scegliere un alloggio economico che abbiamo condiviso con gli altri volontari.
5. Quanto hai speso più o meno per la tua settimana di volontariato?
La spesa generale non è stata eccessiva, escludendo il viaggio da Roma (volo con scalo a Palermo) la soluzione di una casa condivisa con altri volontari, oltre ad essere stata una bellissima esperienza, ci ha permesso di risparmiare molto, sia per il pernottamento che per i pasti; infatti avevamo l’abitudine di cucinare a turno e mangiare tutti insieme nella splendida terrazza della casa.
6. Come si svolgeva per te un giorno tipo a Lampedusa?
Siamo arrivate a Lampedusa avendo già redatto un progetto architettonico ma, essendo stato fatto “a distanza”, una volta sul posto abbiamo potuto fare un vero e proprio sopralluogo ed effettuare le relative modifiche al progetto. Durante la nostra permanenza sull’isola ci siamo occupate di organizzare le fasi operative: richiedere preventivi per le forniture, incontrare il sindaco Nicolini e le maestranze locali coinvolte nelle lavorazioni, prendere accordi con l’ufficio dell’urbanistica per i permessi, protocollare il progetto al Comune. Quindi sveglia alle 8 e via per uffici fino all’ora di pranzo. Nel pomeriggio sopralluoghi e colloqui. Il resto del tempo lo abbiamo dedicato a tutte le attività di sensibilizzazione con i bambini e gli adulti, inizialmente molto scettici, organizzate dai volontari di Ibby con Deborah Soria nella piazza antistante l’edificio della futura biblioteca: giochi, spettacoli, letture e laboratori creativi.
7. Cosa ti ha dato questa esperienza?
Andare a Lampedusa e vivere questa meravigliosa isola non da turista, mischiarsi con la gente locale e condividere alcune delle problematiche del posto per cercare di trovare una soluzione insieme è stata un’ esperienza molto importante, dal punto di vista professionale il mio studio ed io abbiamo avuto la possibilità di imparare tantissimo e di capire veramente cosa voglia dire lasciare un’impronta in un contesto attraverso il proprio lavoro; dal punto di vista umano invece è stato meraviglioso sentirsi ripagati per il grande sforzo dal sorriso di un bambino. Senza ombra di dubbio è un’esperienza che ci ha cambiate e che vorremo ripetere in futuro.
8. A chi la consiglieresti?
Sicuramente ai miei colleghi, soprattutto giovani. Avere a che fare con organi amministrativi anche di un piccolo centro abitato è un ottimo addestramento per la professione da svolgere in qualsiasi contesto e lo stesso discorso vale per le importanti società finanziatrici: a quelle va mostrato il progetto e deve essere riconosciuto come più che valido se si vuole ottenere un apporto economico.
In termini emotivi il volontariato è un forte incoraggiamento per la vita e per la professione: ti dimostra che tutto è possibile se si affrontano le difficoltà con entusiasmo e determinazione.
9. C’è qualcosa che possiamo fare anche noi per contribuire a questo progetto?
In principio avevamo diffuso un appello per raccogliere donazioni di libri nuovi per la nuova biblioteca e se pur con qualche equivoco la partecipazione è stata massiccia. Adesso anche Enel Cuore, onlus senza scopo di lucro, ha stanziato dei fondi per sostenere il progetto ed ampliarlo, annettendo alla biblioteca un secondo spazio per ospitare una ludoteca; il progetto è stato affidato a due professori di Palermo con cui il nostro studio sta attualmente collaborando, sempre in maniera volontaria.
Ci siamo recate a Palermo per poter andare incontro alle esigenze universitarie dei nostri colleghi siciliani, insieme abbiamo organizzato la prima fase progettuale tesa alla creazione di questo nuovo polo culturale dedicato ai bambini dell’isola; una volta messe le basi abbiamo lavorato a distanza con il fine comune di dare vita ad uno spazio dedicato ai bambini.
Il prossimo passo è la costruzione della biblioteca e della ludoteca e la successiva inaugurazione.
In ogni caso per avere informazioni su come poter contribuire al progetto conviene parlare direttamente con la referente Deborah Soria soria.deb@gmail.com
10. Quali sono le 3 cose che ti sono piaciute di più di Lampedusa? E cosa pensi invece che si possa migliorare sull’isola?
Parlare solo di tre cose sarebbe riduttivo, perché abbiamo vissuto l’isola sotto molteplici punti di vista contemporaneamente.
La cosa che ci ha emozionato di più nei momenti di “sensibilizzazione” sono stati da una parte gli sguardi carichi di stupore dei bambini pronti all’ascolto di una nuova avventura e dall’altra l’entusiasmo, la fiducia e la speranza dei genitori, dopo l’iniziale scetticismo.
Per quanto riguarda il nostro lavoro sul posto, ci hanno piacevolmente stupito l’accoglienza e la disponibilità immediata degli abitanti dell’isola, sempre pronti ad aiutarci e ad accompagnarci ovunque con estrema gentilezza e premura.
È stato inizialmente difficile per noi comprendere i loro ritmi quotidiani, molto più rilassati rispetto ai ritmi frenetici a cui siamo abituate a Roma, una volta però entrate nel meccanismo dell’isola tutto si è fatto più chiaro e non ci è dispiaciuto prendere la vita con più calma almeno per qualche giorno!
La cosa che proprio non ci aspettavamo è l’assoluta assenza di migranti in giro, tutti rinchiusi nel centro di accoglienza; a ricordare la loro presenza sull’isola solo il cosiddetto “cimitero delle barche”, uno spazio in mezzo alla città in cui sono portati tutti i barconi recuperati dal mare. Non c’è integrazione, non si cerca di gestire il problema ma di nasconderlo, addirittura ai bambini non è permesso, almeno per ora, uscire dai centri..forse il motivo sono quei turisti che, inizialmente spaventati dalla possibile presenza di migranti per le strade, una volta resisi conto che “si può stare tranquilli”, approdano sull’isola senza alcun rispetto. Ecco, sicuramente serve più sensibilizzazione su certi temi, dall’immigrazione al rispetto del territorio, e sicuramente più controllo delle spiagge e delle zone protette.
Dell’isola in se e per se, che dire: i colori, gli odori, il mare, il vento, i diversi paesaggi, le spiagge..è un’isola magica che purtroppo siamo riuscite a vivere poco, ma sicuramente ci torneremo, se non altro per l’inaugurazione!
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Ora sono molto curiosa di vedere come sarà la biblioteca una volta finita. Sarebbe ancora più bello capire poi come cambierà la vita degli abitanti dell’isola.
Sei sempre la solita Francesca: Brava!
Sei riuscita a parlare e a far far parlare la tua intervistata di aspetti sconosciuti della sconosciuta Lampedusa.
Grazie Armando! E’ Chiara che è stata bravissima a dare un’idea di com’è la vita sull’isola e di quali difficoltà possono incontrare gli isolani (e non solo loro) in questa terra che, mi sembra, sia spesso abbandonata a sé stessa…quindi i complimenti vanno a lei, sia per le parole che per il suo impegno di volontaria!